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Privacy, mettiamoci l’impronta (venosa)!

La cosiddetta “finger vein” ci permette di proteggere i nostri dati più e meglio dell’impronta digitale, in un periodo storico in cui una buona password sembra non bastare più

Dura di più e non può essere copiata: così l’impronta venosa supera quella digitale

Il cybercrimine, così come la tecnologia, si sta aggiornando. E oggi le password non bastano più a proteggere i nostri dati sensibili e la nostra privacy. Quali alternative abbiamo, quindi, per difenderci dai tentativi di accesso non voluti? Sostanzialmente due, entrambe parte della cosiddetta tecnologia biometrica: da una parte l’impronta digitale o “finger print”, dall’altra l’impronta venosa o “finger vein”.

Se però tutti noi sappiamo che cosa sia l’impronta digitale, in pochi ancora conoscono quella venosa. Ed è proprio questa che rappresenta il futuro della privacy. Se infatti la tecnologia delle “finger print” realizza una mappatura delle dita per rivelarne le “ruvidità”, quella venosa effettua una scansione quasi a “infrarossi” delle dita per rivelarne l’emoglobina contenuta nelle vene.

Il risultato è una tecnologia più accurata, meno attaccabile e più duratura. E soprattutto che non può essere copiata, perché la persona deve essere in vita per apporre la propria impronta venosa, essendo necessario che il sangue scorra nelle vene.

Qui sotto, nella nostra infografica tutte le differenze tra impronta digitale e impronta venosa!